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Articolo pubblicato in Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, Archeologia e Arte in Canavese, L, 1998, pp. 19-39

Le figure antropomorfe preistoriche della Pera dij Cros in Valchiusella e dell'arco alpino occidentale: metodi di rilevamento e considerazioni stilistiche

Andrea Arcà, Angelo Fossati, Elena Marchi
(Cooperativa Archeologica Le Orme dell'Uomo


Pera dij Cros, il masso inciso ricoperto dai fogli di rilievo

Introduzione. La Pera dij Cros, la "pietra delle croci" in accezione dialettale, è situata in Valchiusella (TO) alla quota di circa 1620 m s.l.m. Si tratta di un grande blocco roccioso di scisto(1) in giacitura secondaria (paleofrana o trasporto glaciale), che presenta una estesa superficie sommitale piana, chiaramente montonata. Il blocco emerge dal versante orografico destro del Vallone di Dondogna, ripido e particolarmente roccioso, quasi a picco sul sottostante torrente, immediatamente a valle del sentiero che porta al colle omonimo, dal quale si può raggiungere, ormai in territorio valdostano, la Valle di Champorcher. L'ambiente è particolarmente severo e fronteggia pareti a strapiombo e cascate. Il vallone di Dondogna si apre sul versante esposto a sud della Valchiusella, una valle che in passato ha goduto di una certa ricchezza, grazie allo sfruttamento delle miniere di ferro, tra le più importanti delle Alpi Occidentali(2). Tale sfruttamento, che ha provocato un notevole disboscamento in tutta la valle, secondo alcuni iniziato già in epoca romana o addirittura precedente, vede risalire le prime testimonianze storiche al XV secolo. La definitiva cessazione dell’attività estrattiva risale al 1971.

Dalla roccia incisa si gode un ampio panorama verso sud. La vegetazione arborea, un bosco di noccioli misto a betulle e larici, cessa all’altezza della fascia sottostante, in corrispondenza dell'alpeggio di Pian Cravì, abbandonato ormai da parecchi decenni, mentre il versante superiore è colonizzato dalla prateria erbosa, frammista a cespugli di ontani e mirtilli. Al di sotto del grande masso si apre un piccolo riparo.

Pera dij Cros, visione a luce radente

Sulla superficie incisa si possono distinguere chiaramente una serie di figure antropomorfe sessuate (maschili e femminili) e di cruciformi. La presenza di numerose incisioni antropomorfe schematiche non è certo comune e contribuisce a rendere la Pera dij Cros uno dei più interessanti petroglifi delle Alpi Occidentali piemontesi. Tra le altre rocce a "concentrazione di antropomorfi" possiamo infatti solo citare la roccia della Valgrana(3) (6 figure) e la Roca ‘dla Casna in Valle Po(4) (31 figure). Figure isolate sono presenti in almeno quattro massi del vicino sentiero delle Anime(5) in Valchiusella, nella roccia del Mago(6) (Alpe Lauzoun) in Val Germanasca, al Gran Faetto(7) in Val Chisone, nella roccia di Navetta(8) ora esposta a Cuorgné, nella roccia SUS-CHM3(9) in Valle di Susa. Altre figure antropomorfe schematiche sono presenti nelle pitture rupestri (CAV-RCC5) di Cavour(10) e del M. Bracco(11) (BRC-LNG1). A titolo di curiosità dobbiamo evidenziare come il nome Pera dij Cros non sia esclusivo della roccia in questione: grazie anche all’evidente significato ne troviamo in altre zone, fra le quali è possibile citare il Roc dij Cros della Valle del Gravio in Valsusa, che reca numerose e ben diverse incisioni a croce eseguite a polissoir.

Storia delle ricerche. La Pera dij Cros fu pubblicata per la prima volta nel 1971 da Bovis e Petitti nel prezioso volumetto "Valchiusella Archeologica", edito dalla Società Accademica di Storia ed Arte Canavesana (Ivrea). Gli autori rilevarono 65 figure, alcune delle quali giacevano sotto una coltre erbosa di "olina" che ricopriva in parte la roccia e che fu asportata. Pubblicarono il primo rilievo integrale e datarono sia le figure cruciformi, ritenute più antiche, che quelle antropomorfe ad un orizzonte preistorico, corrispondente a varie fasi del Neolitico, proponendo analogie con il "primo periodo dell’arte camuna". Gli autori, non ravvisando la presenza di sovrapposizioni, ma riconoscendo la presenza di diverse fasi esecutive, le interpretarono come reiterazione di una tematica unitaria. Pur valutando la posizione della roccia in relazione al sentiero e alla vicinanza con il colle di Dondogna, riconobbero nel sito la presenza di un luogo di culto attivo per un lungo arco cronologico, con un’evoluzione stilistica delle figure, eseguite in diverse fasi successive, a partire "da una massima schematizzazione ad una più evoluta rappresentazione del corpo umano". La rappresentazione del corpo umano venne letta in sintonia con i segni cruciformi, interpretati nei termini di un simbolismo solare che offrirebbe richiami "all’antichissimo concetto dell’origine solare della vita". La pietra stessa diventerebbe quindi un vero e proprio sito di adorazione o culto solare delle popolazioni che precedettero i Salassi. Nella stessa pubblicazione fu illustrato anche il "Sentiero delle Anime", lungo il quale sono presenti numerose rocce incise, per lo più cruciformi e coppelle. Per tali incisioni fu proposta una funzione di "promemoria votivi alle divinità per ottenere da esse fecondità, fortuna nella caccia, ecc.".

La stessa Pera dij Cros fu attentamente studiata da Rossi – Micheletta nel 1980 all’interno di un progetto di ricerca appoggiato dall’Unità di Preistoria e Paleoecologia Umana dell’Istituto di Antropologia dell’Università di Torino. Essi pubblicarono un corposo contributo sul Bulletin d'Etudes Préhistoriques (edito dalla SVAPA - Societé Valdotaine de Préhistorie et Archéologie). L’intera superficie fu ripulita e furono svuotate dalla terra le fessure della roccia, all’interno di una delle quali fu rinvenuto un frammento di ceramica protostorica. La parte incisa fu sottoposta a colorazione artificiale bicolore (giallo e nero), secondo quanto allora in uso in Valcamonica(12), per meglio evidenziare le figure da rilevare, che furono 108, 43 in più del precedente rilievo. Rossi – Micheletta intesero principalmente "riconsiderare l’inquadramento storico e l’attribuzione cronologica delle varie fasi", cercando di evitare la "suggestione" o il "postulato" di una troppo generica attribuzione totalmente preistorica. Sulla base dell’analisi dei segni cruciformi, dell’opera di cristianizzazione di San Bernardo da Mentone, del raffronto con i graffiti eseguiti su edifici religiosi cristiani e dell’interpretazione delle sovrapposizioni essi spostarono la collocazione cronologica di buona parte delle figure ad epoca storica, tra il X e il XIV secolo, ipotizzando nell'ordine:

  1. la presenza di una base limitata e non definita di figure antropomorfe preistoriche
  2. la successiva cristianizzazione del masso tramite l'incisione di croci semplici
  3. la trasformazione delle croci semplici in croci complesse tramite l'aggiunta delle "gambe"
Pera dij Cros, figure antropomorfe femminili

Gran parte delle figure antropomorfe non sarebbero quindi che croci nelle quali le gambe rappresentano del Golgota, il sesso femminile il teschio di Adamo simbolo del peccato originale e il sesso maschile il braccio verticale della croce che prosegue fino alla base. Tale accostamento stilistico e interpretativo tra iconografia rupestre e simbologia giudaico-cristiana è stato recentemente riproposto dal Rossi anche in altre occasioni, come ad esempio per alcune incisioni dell'area di Mompantero (Valsusa - To)(13).

Nel 1993 il Bulletin d'Etudes Préhistoriques concede ai due autori una possibilità di replica. Il volutamente succinto contributo di Rossi(14) illustra il percorso metodologico(15) che ha portato ad ipotizzare una prevalente esecuzione storica dei petroglifi dell’alta Valchiusella e di molte altre regioni alpine. Viene promossa una metodologia di studio basata sull’appoggio dello storicismo, dell’iconografia, dello studio delle associazioni, mentre comparativismo, pseudotipologia e storia dell’arte intesa in senso estetico farebbero parte di uno stile di lavoro sicuramente antiscientifico. Viene chiesto ai ricercatori di operare una scelta fra "aiutare la disciplina che studia i petroglifi alpini a costruirsi il necessario bagaglio epistemologico" o "continuare a sognare di dei e battaglie, di culti della fertilità e sacrifici druidici"… sottinteso riferimento quest’ultimo agli studi precedenti.

Le articolate considerazioni di Petitti(16), apparse sullo stesso numero del Bulletin, traggono spunto da osservazioni di carattere ambientale e di morfologia del paesaggio e pongono l’accento sul rapporto con i sentieri e con l’incidenza della luce solare. Si ipotizza un rimaneggiamento artificiale di alcuni siti di incisioni rupestri, nei quali i massi potrebbero essere stati spostati e i terrazzini naturali allargati per fare spazio ad una specie di allestimento scenografico con funzione sacrale o segnaletica. Tale allestimento, che avrebbe saputo sapientemente giovarsi di un rapporto visuale tra rocce incise e sentieri, avrebbe fatto parte di un vero e proprio sistema urbanistico territoriale, inserito nella rete dei percorsi montani alpini delle età dei metalli. Il Sentiero delle Anime ne sarebbe evidente testimonianza, impiantato nelle ultime fasi della preistoria, successivamente "ritoccato nell’ambito della cosiddetta stregoneria e finalmente esorcizzato nel XVI-XVII secolo, con la comparsa di croci patenti e l’edificazione di piloni votivi e di cappelle". Per quanto riguarda la Pera dij Cros nello specifico se ne ribadisce la collocazione preistorica, pur spostandola ad epoca più recente(17) rispetto a quanto proposto in precedenza, e si ipotizza la completa assenza di incisioni cristiane che, se tali, sarebbero state ben più marcate o numerose, come evidente in altri casi in Valchiusella, dove le croci si presentano chiaramente incise a strumento metallico.

Nel 1995 un capitolo curato da G. M. Cametti del volume "Sui Sentieri dell'Arte Rupestre"(18) viene dedicato alla Pera dij Cros e al non lontano Sentiero delle Anime. A un riesame delle precedenti pubblicazioni è stata aggiunta la descrizione dettagliata dell'itinerario escursionistico, secondo il quale sono necessari circa 90 minuti per percorrere i 530 metri di dislivello che separano l’abitato di Fondo, ultimo sito raggiungibile con mezzi motorizzati, dalla roccia in questione. Tale relativo isolamento, per inciso, ha contribuito a mantenere l’ambiente circostante particolarmente intatto, non riuscendo però a impedire la ripetuta gessatura delle figure da parte dei turisti, in cerca di riprese fotografiche più incisive, rese non facili dalla luce solare che nelle parti centrali della giornata appiattisce le figure rendendole poco visibili. Sia la Pera dij Cros che il Sentiero delle Anime erano già inseriti in percorsi segnalati a cura del Comune di Traversella e della Comunità Montana. Alcuni pannelli erano stati posti a fianco delle principali rocce incise, particolarmente lungo il Sentiero delle Anime. L’itinerario per la Pera dij Cros è stato denominato "Sentiero dei Mufloni", forse in omaggio alla salita particolarmente ripida.

Infine nel 1996 il Gruppo Ricerche Cultura Montana (GRCM)(19), all’interno di un programma di censimento e rilevamento delle incisioni rupestri, ha effettuato un nuovo rilievo integrale della superficie incisa, siglata, secondo quanto in uso(20), come CHL-PCR1. Tale rilievo è stato affidato a Le Orme dell’Uomo(21). Il rilievo, effettuato anche in questo caso per trasparenza a contatto, è stato affiancato come di consueto dalla schedatura secondo lo schema della Scheda Internazionale di Arte Rupestre delle Alpi Occidentali(22) e da una ripresa fotografica a luce radente sia naturale che artificiale. All’interno dello stesso programma di censimento, che ha fornito i dati che sono alla base del presente contributo, sono state schedate le 12 rocce incise del Sentiero delle Anime (CHL-ANM1/12), recanti circa 90 segni incisi. Tutto il materiale grafico e fotografico è stato raccolto in un volumetto di documentazione(23) consegnato alla Soprintendenza Archeologica e alla Regione Piemonte, che contiene anche le schede relative a sei rocce coppellate del M. Appareglio, presso Ivrea.

 

Pera dij Cros, rilievo

Metodi di rilevamento. Sulle figure incise è stato operato un rilievo manuale bidimensionale(24) tracopiandole su fogli di plastica trasparenti appoggiati direttamente sulla roccia. E' questo il metodo che ancora oggi garantisce la migliore accuratezza, soprattutto nel riconoscimento delle figure e delle sovrapposizioni, se affidato all'occhio attento dell'archeologo rupestre(25). Altri metodi in uso sono il frottage e la stereo-fotogrammetria. Il primo prevede lo sfregamento di materiale colorante direttamente su fogli di carta appoggiati sulla roccia. Può risultare dannoso per la superficie incisa, specie se reiterato, che viene così artificialmente "lucidata". In alcuni casi può inoltre ingenerare confusione tra fratture naturali e incisioni. Presenta però innegabili caratteristiche di "rapidità" e può essere utile per una documentazione preliminare o accessoria. L'utilizzo della stereo-fotogrammetria può invece essere opportuno per una riproduzione generale tridimensionale del supporto litico, soprattutto se di grandi dimensioni, con l'indicazione delle aree maggiormente soggette a degrado o copertura di muschi e licheni. Scendendo al dettaglio delle figure incise la stereo-fotogrammetria offre invece risultati non particolarmente apprezzabili, in quanto inadatta a rendere la trama della picchiettatura, delle sovrapposizioni e a distinguere tra segni e fratture. Il rilievo stereo-fotogrammetrico è comunque anch'esso in parte un rilievo manuale, in quanto il tracciamento avviene a monitor unendo tramite mouse dei punti la cui quota relativa è stata precedentemente calcolata. Può rendersi utile nel caso di incisioni marcatamente tridimensionali, cioè particolarmente profonde.

I vantaggi del rilievo manuale sono al contrario principalmente dovuti al contatto ravvicinato con la superficie incisa, che può essere più attentamente valutata e alla possibilità di adattare l'illuminazione alle migliori esigenze di luce radente, tramite l'opportuno utilizzo di luce artificiale o di specchi. Ma soprattutto il rilievo manuale a contatto ha bisogno di tempo, di molto tempo, che spesso diventa il tempo della comprensione delle figure e il tempo della definizione delle fasi, comprensione altrimenti problematica se non in diretta presenza della roccia incisa.

Pera dij Cros, fasi della digitalizzazione vettoriale

Sulla Pera dij Cros le incisioni sono sufficientemente delineate e non presentano condizioni di discernimento problematico. Per le coppelle è stata indicata la profondità tramite il tracciamento di una curva di livello per ogni cm di profondità. Di ogni figura è stato effettuato il controllo a luce radente solare tramite specchi. Il rilievo ha prodotto 22 fogli standard formato 80x60 cm, corrispondenti ad altrettanti riquadri virtualmente tracciati sulla superficie incisa, che è di circa 9 metri quadrati. Non potendo essere maneggiabili in scala 1:1 sono stati ridotti otticamente al 25%. La prassi abituale prevede a questo punto il montaggio manuale delle riduzioni per ricomporre l’intera superficie.

Per la Pera dij Cros è stato invece adottato il trattamento digitale computerizzato di vettorializzazione grafica(26). Tale trattamento può in alcuni casi presentare difficoltà, legate al limite massimo di punti gestibile dal programma per ogni singola figura. Tale limite può essere raggiunto in presenza di pannelli particolarmente ricchi di sovrapposizioni o di figure molto articolate, ma può essere aggirato operando i giusti stacchi tra figure sovrapposte e sottoposte o spezzando le figure in vari tronconi.

Il trattamento si compone in sintesi di tre passaggi:

  1. le riduzioni vengono sottoposte a scansione in formato bitmap (2 toni opposti, bianco e nero) a 300 o più punti per pollice
  2. le immagini ottenute (formato TIF – Tagged Image File o altro analogo) vengono vettorializzate tramite un programma di autotracciamento grafico (il contorno di separazione fra bianco e nero viene letto automaticamente e trasformato in una linea curva i cui cambi di direzione sono segnati e direzionati da numerosi punti o nodi di curva)
  3. i disegni ottenuti in formato EPS vengono rimontati a monitor per ricomporre il disegno finale, analogamente a quanto si farebbe manualmente con le riduzioni ottiche.

Il rilievo vettorializzato presenta indubbi vantaggi di portabilità.

Lo spazio necessario per salvare su disco il disegno è di gran lunga inferiore a quello necessario per una corrispondente immagine "fotografica", composta cioè da un serie di pixel o punti bianchi o neri.

I rilievi ottenuti sono comodamente maneggiabili: è possibile inserirli agevolmente in una cornice, aggiungere elementi grafici di accompagnamento (riferimenti metrici, orientamento) o trattarli con opportune scale cromatiche per differenziare le tipologie, le fasi o quant’altro ritenuto utile dallo studioso. Le figure sono separabili e facilmente organizzabili in tavole tipologiche o di riepilogo, così come pronte per essere utilizzate in un database grafico. Trattandosi di disegni vettoriali, è possibile stamparli in qualsiasi scala mantenendo inalterata la definizione.

L’intero rilievo della Pera dij Cros in scala 1:2 occupa ora meno di 1/3 di un normale floppy disk e può essere utilizzato immediatamente per una pubblicazione, per una stampa diretta, così come per essere condiviso per collaborazioni scientifiche via posta elettronica o immesso sulla rete Internet. E’ infatti disponibile all’indirizzo www.rupestre.net/orme/works/cros.cdr

A rilievo concluso(27) sono state contate 136 figure, numerate seguendo fino al n. 65 la numerazione originaria di Bovis – Petitti. Tre le coppelle, 12 le croci, 57 le figure antropomorfe, 35 i segmenti non meglio classificabili, 29 i colpi sparsi di incisione a strumento metallico, presenti nella parte esterna più vicina al sentiero. Tale numero, escludendo i colpi sparsi, coincide quasi esattamente con quanto citato nel contributo di Rossi- Micheletta. La parte ricoperta fino al 1971 da cotica erbosa è stata evidenziata in grigio, ricavandone approssimativamente l’estensione dalle fotografie pubblicate su "Valchiusella Archeologica".

 

Sentiero delle Anime - ANM4

Confronti all'interno dell'arco alpino occidentale E' opportuno a questo punto rivolgere un rapido sguardo agli altri massi incisi della Valchiusella, principalmente al Sentiero delle Anime, che è l'unico sentiero autoguidato(28) di arte rupestre del versante alpino italiano(29). Lungo il Santér dij Anime, così denominato per le leggende sul transito delle anime dei defunti, la Comunità Montana Valchiusella ha infisso 11 pannelli illustrativi numerati, che riportano il rilievo schematico delle incisioni e il nome popolare delle varie rocce. Il percorso parte da Traversella e raggiunge in circa 2 ore e 30 l'abitato di Piani di Cappia, superando un dislivello di quasi 600 m. Il volume "Valchiusella Archeologica" descrive 7 rocce incise, salite a 12 nella documentazione del GRCM. Tra i 90 segni incisi contati nel corso della documentazione preliminare, possiamo notare una nutrita presenza di croci storiche (ben diverse da quelle dalla Pera dij Cros), di sigle e di date, una diffusa presenza di coppelle, nonché 5 antropomorfi schematici, simili a quelli della Pera.
Sentiero delle Anime - ANM7 Cinque sono le rocce che meritano una certa attenzione. Sulla CHL-ANM4 (Roca 'd Toni(30)), situata in posizione particolarmente panoramica e aggettante, 2 figure antropomorfe schematiche con gambe a triangolo, di cui una più piccola con un pallino tra le gambe come indicazione del sesso femminile, sono accompagnate da due croci latine e dalla scritta "Toni" che evidentemente dà il nome alla roccia. Il Pian dij Cros, CHL-ANM7, situato a 15'-20' di marcia dalla roccia appena descritta, presenta nuovamente una situazione panoramica e dominante. Quattro sono i settori incisi, con numerose croci ad estremità coppellate e piccole coppelle. Un antropomorfo asessuato a braccia abbassate affianca una croce potenziata. Non molto oltre il masso CHL-ANM8, il Roc dij Cros(31), il cui toponimo viene indicato in loco come Mont ëd Rivelle, si presenta come un grosso parallelepipedo la cui superficie superiore assume la forma di un trapezio suddiviso in quattro sezioni da profonde fenditure. Quindici croci a braccia quasi uguali, di cui alcune con le estremità coppellate, si affiancano ad due quadrati reticolati o filetti e ad un segno confinario. Una figura antropomorfa femminile sembra marginalmente sottoposta al reticolato superiore. Anche la CHL-ANM11, Bech del Fes-cèi, è in posizione straordinariamente panoramica e aggettante. E' una classica roccia coppellata con reticolo di coppelle e canaletti a sezione ovale e in un caso conica accentuata.
Sentiero delle Anime - ANM12 L'ultimo masso, il CHL-ANM12, a Piani di Cappia(32), ha l'aspetto di una stele abbattuta. Ha la forma di un triangolo isoscele, alto circa 140 cm, il cui lato inferiore, diritto, presenta tracce di sbozzatura. Una figura antropomorfa maschile di 35 cm di altezza, con gambe arcuate, piedi in fuori e braccia aperte orizzontali, presenta solchi che lasciano intendere come probabile l'utilizzo di uno strumento metallico, eventualmente in fase di ripassatura.

L'esame complessivo permette di evidenziare la presenza di numerose incisioni storiche (croci, date, sigle e filetti). La presenza delle figure antropomorfe e di possibili casi di sovrapposizione propone un interessante confronto con la Pera dij Cros e suggerisce la necessità di una documentazione e di uno studio più approfondito esteso all’intero corpus petroglifico della Valchiusella

Allargando il panorama all'intero arco alpino occidentale, possiamo citare i due casi principali della Valgrana e di Roca 'dla Casna in Valle Po. L'indicazione degli attributi sessuali appare sempre ricorrente. Alla coppellina tra le gambe come indicazione del sesso femminile si aggiungono sia in Valgrana che in Valle Po due coppelline ai lati del busto ad indicazione dei seni. Tale stilema è presente anche negli oranti femminili camuni e valtellinesi dell'età del Bronzo ed è sicuro indice di preistoricità. Gli antropomorfi della Valgrana in particolare presentano dimensioni decisamente maggiori (fino a 54 cm) e chiara indicazioni dei seni (3 casi). Un caso in particolare di figura femminile con una specie di appendice allargata tra le gambe potrebbe fare pensare ad una scena di parto, mentre una figura asessuata è anche priva di gambe. La coppellina tra le gambe è anche presente nelle due figure antropomorfe schematiche di SUS-CHM3, dove peraltro le braccia sono levate in alto(33), nonché in due rocce del Sentiero delle Anime, la CHL-ANM4 (Roca 'd Toni) e la CHL-ANM8 (Roc dij Cros). Gli attributi maschili, ovviamente simbolizzati da un trattino tra le gambe, si ritrovano nelle due principali rocce già citate, nonché nella CHL-ANM12.

La Roca 'dla Casna (BRC-CSN1) presenta notevoli analogie con la Pera dij Cros. Esse sono costituite dalla morfologia e dalla caratterizzazione sessuale delle figure antropomorfe, dalle caratteristiche del sito, della roccia e dei diversi livelli di consunzione delle figure. La Roca 'dla Casna è una lastra piatta di oltre 20 metri quadrati situata sul versante esposto a sud del M. Bracco alla quota di 900 m, che si protende a becco sul vuoto (è anche denominata il Bec 'dla Casna) in maniera impressionante, sporgendo per quasi metà della sua superficie. Le figure antropomorfe, trentuno, sono in assoluta maggioranza di tipo femminile. Diffusa è l'indicazione dei seni tramite due coppelline ai lati del busto (9 figure), mentre rara è l'indicazione del sesso femminile tramite un pallino tra le gambe (3 figure). Alcune sono molto consunte, quasi del tutto impercettibili, altre, nettamente più evidenti, hanno spesso ingrossamenti a coppellina in corrispondenza del ventre, del busto o della testa. Tali ingrossamenti e la differenza di profondità tra le figure lasciano supporre, vista l'identica esposizione e consistenza del supporto roccioso, una reincisione o ripassatura di alcune di esse, qui anche con strumento metallico(34), analogamente a quanto suggerito per la Pera dij Cros. Pochi metri a O della roccia si nota un riparo sottoroccia ora chiuso da muretti a secco. Nelle immediate vicinanze sono stati rinvenuti frammenti di ceramica del Bronzo antico (prese a linguetta impostate su cordone liscio(35)). Anche la Roca 'dla Casna è stata sottoposta a rilievo integrale(36) (36 fogli in formato standard, 1997), composto ed elaborato in grafica vettoriale. Alle figure antropomorfe si uniscono 5 coppelle medio piccole, 5 coppelline raggruppate, 3 cruciformi, 1 probabile segno confinario, 1 sigla recente (ERI) incisa alcuni decenni fa dal proprietario del fondo(37), nonché 65 coppelline sparse. Molte figure sono frammentarie, vista anche la minore compattezza della superficie incisa, soggetta in alcune zone a desquamazione.

Gettando uno sguardo di insieme sui petroglifi dell'arco alpino occidentale piemontese appare evidente la presenza di una categoria di incisioni antropomorfe schematiche che, seppure molto meno consistente dal punto di visto numerico(38) rispetto alle concentrazioni presenti in Valcamonica o in Valtellina, denota caratteristiche ben definibili. La schematicità del busto e degli arti si unisce alla schematicità della raffigurazione degli attributi sessuali. Se da una parte vi sono forti elementi di somiglianza con le analoghe figure camuno-telline, l'assoluta maggioranza di figure a braccia orizzontali o a braccia abbassate e l'esigua presenza di figure a braccia levate costituisce un evidente elemento di differenziazione. All'interno di un quadro in cui la diffusione dei supporti litici non ha certo favorito l'esecuzione di incisioni figurative, che meglio si adattano nell'ordine ad arenarie compatte(39), a calcari levigati(40), o in ultima scelta a micascisti o gneiss montonati(41) la roccia della Valchiusella rappresenta un'eccezione numericamente consistente, concentrando sulla sua superficie oltre il 50% delle figure antropomorfe schematiche attualmente conosciute.

 

Inquadramento cronologico e stilistico. La Pera dij Cros si è imposta all'attenzione negli anni passati anche per le controversie riguardanti la sua datazione.

Il primo dato che balza agli occhi è la grande omogeneità del complesso istoriato. Le figure coprono una fascia ben precisa delle superficie rocciosa, e si allineano non lungo un’unica direttrice, ma secondo un andamento quasi sinuoso, sicuramente determinato dall'esposizione del supporto roccioso e dall’andamento delle venature.

Pera dij Cros, figura antropomorfa

Non si tratta propriamente di figure cruciformi ma con ogni evidenza di prevalenti figure antropomorfe. Ne sono state contate 57, di cui 35 a braccia orizzontali e gambe a triangolo, 3 a braccia levate, 2 a braccia abbassate e infine 17 incomplete. Sono alte da 12 a 35 cm, in media 15-20. Si deve notare come tutte presentino caratteristiche che le rendono chiaramente identificabili come tali, soprattutto per la presenza della testa arrotondata a coppella e più profonda in sezione rispetto al corpo, ma anche per la non ortogonalità delle braccia rispetto al busto o per la presenza dei piedi rivolti all'esterno e in un caso delle dita delle mani. Altre 2 figure antropomorfe sono state rilevate nel settore B. Esse vengono citate (Rossi-Micheletta 1980) come di recente esecuzione (anni '70). Sono peraltro già patinate.

Le vere e proprie croci sono solo 12. Si distinguono per l’ortogonalità dei bracci e per la mancanza della testa arrotondata. Sono presenti, come gli antropomorfi, anche nella parte della superficie un tempo ricoperta dalla cotica erbosa.

Tutte le incisioni non sono particolarmente profonde, hanno una sezione regolare e smussata, e presentano un solco relativamente largo, spesso levigato. Sono state eseguite su una superficie (gneiss in prevalenza) che denota una diffusa presenza di vene di quarzo. E’ questa una situazione analoga alla Rupe Magna di Grosio, dove il recente rilievo integrale ha messo in luce oltre 5400 figure(42), in assoluta maggioranza pertinenti ad orizzonti preistorici. Così come a Grosio anche in Valchiusella alcuni colpi di picchiettatura sono stati dati sulle vene di quarzo. Le sezioni delle incisioni sono compatibili con l'esecuzione tramite strumento litico, e suggeriscono una successiva (e reiterata?) levigatura interna, che avrebbe provocato l'allargamento dei solchi.

Pera dij Cros, figura antropomorfa maschile con corpo esile

Tale situazione è particolarmente evidente confrontando le figure più esili (ad "appendiabiti"(43)) del settore inferiore esterno -molto più sottili, meno profonde, alcune delle quali sono state evidenziate solo dal recente rilievo- con quelle più "panciute" del settore centrale. Ipotizzando una priorità delle prime (meno profonde e più consunte) appare probabile una ripassatura o una vera e propria reincisione delle seconde, che proprio in base a tale ripassatura avrebbero assunto un aspetto apparentemente cruciforme. Non sembra invece possibile riscontrare tracce di incisione con strumento metallico, presenti al contrario in molte figure storiche di altre aree, ad esclusione di una serie di punti sparsi, a sezione nettamente più acuta, che appaiono peraltro nettamente staccati dal complesso figurativo.

La presenza di chiare strie di origine glaciale sulla superficie montonata, a orientamento nord - sud, parallelo a quello del vallone, rende poco attendibile la teoria dell'impossibilità della conservazione dei segni incisi per molti millenni (le strie glaciali hanno più di 10.000 anni). La supposta azione disgregatrice della gelivazione avrebbe infatti cancellato a maggior ragione anche le medesime strie, che si sono invece perfettamente conservate, come del resto le incisioni.

Pera dij Cros, figure antropomorfe e cruciformi

Le sovrapposizioni di antropomorfi a cruciformi citate da Rossi-Micheletta sono due: la figura 15 (26-27 per la numerazione Rossi-Micheletta) e la figura 28 (61-62 per la numerazione Rossi-Micheletta). Per la figura 28 anche Bovis – Petitti ritenevano, come il Rossi, evidente la trasformazione, mediante l’aggiunta degli arti inferiori, da figura cruciforme a figura antropomorfa. Nessuno dei due casi dimostra chiaramente quanto asserito. La figura 15 è una figura unica ed è impossibile riconoscervi la compresenza di due diverse fasi. La figura 28 è effettivamente composta di due parti distinte e mostra le gambe e il sesso non in asse col resto del corpo. Essa è stata incisa in corrispondenza di una piega della roccia: tale posizione ha sicuramente influenzato l’andamento irregolare della figura medesima. La compresenza delle due parti rivela in realtà una giustapposizione ben separata che non può in nessuno modo dimostrare la priorità dell’esecuzione del cruciforme. Non essendo possibile distinguere i colpi di picchiettatura (le figure sono state levigate internamente) non è parimenti possibile capire quale picchiettatura sia stata eseguita per ultima. La minore profondità al contrario del segmento antropomorfo (gambe e sesso maschile) lascerebbe ipotizzare una sua anteriorità piuttosto che una sua posteriorità cronologica.

La presenza di figure femminili con il sesso rappresentato schematicamente da un pallino tra le gambe (se ne contano 12, mentre 19 sono le figure maschili e 7 quelle asessuate) suggerisce per le figure antropomorfe un’esecuzione anteriore all’età del Ferro (nell’età del Ferro della Valcamonica sono del tutto assenti le figure femminili).

E’ fondamentale, a questo proposito, un confronto con l’arte rupestre del complesso Valcamonica – Valtellina(44), la cui seriazione stilistico – cronologica costituisce un riferimento importante ed inevitabile. La presenza di un numero così elevato di incisioni e di conseguenti sovrapposizioni, nonché il raffronto con la raffigurazione di reali oggetti (soprattutto armi) archeologicamente databili, conferisce alla seriazione stilistica camuna una validità statisticamente e qualitativamente significativa.

    Valcamonica, Masso di Cemmo n. 2 - età del Rame
  1. Le figure antropomorfe dello stile IIIA(45) (III millennio a. C.) mostrano interessanti analogie con le incisioni della Pera dij Cros. Le gambe a triangolo e le braccia distese ed aperte perpendicolarmente rispetto al busto o leggermente abbassate costituiscono la costante stilistico – morfologica delle figure del III A. Il busto è inciso a bastoncello (IIIA1) o a triangolo (IIIA2). Il sesso però, a differenza delle figure della Pera dij Cros, è assai raramente evidenziato (due casi nello stile IIIA 1 e tre casi nel IIIA2)
  2. Paspardo, roccia delle Rose, antropomorfi schematici, età del Bronzo
  3. Gli antropomorfi schematici camuni e della Rupe Magna in Valtellina, riferiti ad un arco cronologico Bronzo Medio-Recente - prima età del Ferro(46), nelle fasi più vicine all’età del Ferro mostrano una morfologia a braccia orizzontali e gambe a triangolo. Essi sono presenti in composizioni numerose (ad esempio sett. AE, sett. L, sett. JB della Rupe Magna(47)). Tale densità di istoriazione, unita alla marcata indicazione del sesso maschile o femminile, potrebbe giocare a favore di questo secondo confronto stilistico. Bisogna inoltre ricordare come proprio a questo periodo appartengano in Valcamonica (In Valle Roccia 4 e Naquane roccia 1) le poche figure antropomorfe schematiche a braccia abbassate presenti in tre esemplari (di cui uno incompleto) anche sulla Pera dij Cros. A sfavore di tale confronto stilistico potrebbe invece giocare il fatto che gli antropomorfi citati hanno tutti le braccia ortogonali levate in alto, mentre sulla Pera dij Cros solo un esemplare si presenta con tali caratteristiche, per di più limitate ad un solo braccio, nonché il fatto che le marcate indicazioni sessuali, maschili e femminili, siano presenti soprattutto nella tipologia a braccia e gambe simmetricamente contrapposte.
  4. Anche le figure di armati della fase IV1(48) (VIII-VII sec. a.C.) si prestano ad un confronto con la Pera dij Cros. Anche qui lo stilema gambe a triangolo, braccia distese ed aperte perpendicolarmente rispetto al busto appare costituire l’elemento costante. In questo caso però le figure presenti sono sempre solo maschili e sempre armate. E’ noto infatti che l’arte rupestre dell’età del Ferro si presenta come essenzialmente "maschile". Figure disarmate e "oranti" sono assai rare nello stile IV1.
  5. Lo stilema delle figure umane attribuibili ad epoca medioevale o recente mostra caratteristiche assai diverse da quelle presenti negli antropomorfi della Pera dij Cros. Uno degli stili "medievali" chiaramente riconoscibili mostra il busto rettangolare o trapezoidale: un braccio regge armi, bandiere o altri strumenti, mentre l’altro è posto sul fianco. Allo stato attuale delle ricerche (gli studi sull’arte rupestre camuna di epoca storica necessitano di ulteriore sviluppo) non è possibile evidenziare un rapporto stilistico tra le figure della Pera dij Cros e quelle storiche del complesso camuno-tellino. In Valcamonica possiamo trovare solo pochissime figure schematiche sessuate di probabile esecuzione storica ma tutte nel contesto di istoriazioni preistoriche le quali sono servite da casuale modello imitativo

Pare francamente impossibile trovare altri confronti pertinenti provenienti da epoche diverse da quelle citate. Il confronto proposto da Rossi-Micheletta con i graffiti rilevati sui blocchi lapidei all’esterno di edifici religiosi di stile romanico si dimostra poco convincente. Nessuno dei cruciformi presentati può sembrare vagamente antropomorfo e nessuno degli antropomorfi della Pera dij Cros ha le proporzioni necessarie, soprattutto nella parte della testa, per essere una vera croce. Almeno 13 di essi hanno braccia non ortogonali, caratteristica ovviamente impropria per delle incisioni a croce.

Ricorrente è inoltre l’apposizione di croci a fianco o a parziale copertura delle figure antropomorfe preistoriche, sia per probabile intento di cristianizzazione che per un semplice oblio delle figure precedenti.

Sulla Pera dij Cros molte figure sono incomplete, sia per la naturale obliterazione, sia forse perché incomplete già all'atto dell'incisione, altro dato molto comune nelle figure antropomorfe preistoriche della Valcamonica.

In questo senso si possono forse interpretare le figure chiaramente cruciformi, che potrebbero però essere più probabilmente frutto di una seconda fase incisoria (storica) con intento di cristianizzazione. Le croci sono però presenti anche nella parte ancora ricoperta da terra fino al 1971. La formazione di tale copertura terrosa ed erbosa non deve certo essere stata breve, alla quota di oltre 1600 m s.l.m., e la sottoposizione delle incisioni a tale coltre ne potrebbe testimoniare l'antichità. In conclusione appare innegabile la presenza di figure antropomorfe sulla Pera dij Cros, per le quali l’insieme dei confronti stilistici porta a rendere tanto probabile una chiara attribuzione preistorica, articolata nella possibile alternativa tra età del Rame e un arco cronologico Bronzo Recente – prima età del Ferro, quanto improbabile una pertinenza ad epoche successive. Nello stesso tempo la presenza di croci è pienamente compatibile con una fase storica di cristianizzazione del masso medesimo. Appare infatti evidente come sia ormai improponibile l'interpretazione in chiave preistorica dei segni cruciformi, dei quali, a titolo indicativo, neanche uno è mai stato rilevato né all'interno delle istoriazioni preistoriche della Valcamonica né tantomeno di quelle del M. Bego. Secondo le nostre ipotesi verrebbe quindi in parte confermata l'originaria attribuzione preistorica delle figure antropomorfe proposta nella pubblicazione di Bovis-Petitti, pur rifiutando un possibile orizzonte neolitico(49), e in parte accolta la tesi di Rossi - Micheletta relativamente alla presenza di croci di cristianizzazione, pur ponendo queste ultime come ultima fase istoriativa, in netto contrasto con le altre incisioni che vengono invece da noi lette in chiave pienamente antropomorfa.

 

Interpretazione. Il livello interpretativo è sicuramente di gran lunga meno agevole. Il doppio binario cronologico può riflettersi in ipotesi di significato anche divergenti, mentre il percorso stesso dell'interpretazione è soggetto ad una serie di variabili e ad una mancanza di dati sicuramente più ampia rispetto al livello appena trattato.

Gli antropomorfi dell'età del Rame vengono interpretati in Valcamonica in assonanza con il suggerito significato religioso dei supporti che li ospitano, cioè i menhir istoriati, nei quali l'elemento solare sembra assumere un ruolo di primaria importanza. L'evidenza monumentale dei menhir istoriati camuni, tutti incisi su superfici verticali, è innegabile, inserita in un contesto che ben si adatta ad una scenografia nella quale le pietre stesse dovevano giocare un ruolo significativo. La figura, o meglio le figure umane, potevano coincidere con la rappresentazione della o delle divinità, spesso affiancate a comporre un significativo trio di antropomorfi. In altri menhir istoriati peraltro le figure umane concorrono a formare delle catene che nel loro circondare la pietra possono riconnettersi alla raffigurazione di danze collettive, comunque anch'esse interpretabili come collegate ad attività rituali.

Le successive figure schematiche dell'età del Bronzo possono anch'esse riconnettersi a un duplice orizzonte di preghiera o di danza, ma possono anche rivelarsi le dirette progenitrici delle scene di duello dell'età del Ferro, soprattutto quando sia riconoscibile il ripetuto accostamento a coppie maschili, raffigurando quindi possibili scene di lotta a corpo libero.

Pera dij Cros, figure antropomorfe maschili

Le figure della Pera dij Cros, con i loro marcati attributi sessuali maschili e femminili non sembrano potersi prestare ad interpretazioni afferenti la sfera del duello o della lotta. Le differenziazioni sessuali non concorrono peraltro a formare particolari e riconoscibili accostamenti tra figure di sesso diverso. L'orientamento segue, con poche eccezioni, due direttrici principali, scartate di circa 40-45° gradi ed entrambe rivolte alla parte sommitale del vallone. L'idea che ne risulta è quella di un complesso omogeneo ma non completamente unitario, probabilmente suddiviso in vari gruppi di poche unità, che possono forse corrispondere a fasi incisorie ripetute ma non troppo distanti. L'ipotizzata e ripetuta ripassatura e levigatura delle figure potrebbe essere sicuro indice del mantenimento del tempo di un significato profondo, nel quale forse era ormai impossibile discernere quello originario, nascosto dalle concrezioni lasciate dal tempo e dal succedersi delle culture. Non era difficile fino a pochi decenni fa trovare nelle valli alpine rocce sulle quali ogni anno coloro che salivano agli alpeggi o che praticavano la fienagione lasciavano periodicamente un'incisione come segno di buon auspicio(50).
Tavola delle figure antropomorfe schematiche delle Alpi Occidentali La figura antropomorfa sembra però nascondere qualcosa di meno astratto, sicuramente una connessione più profonda con la persona o le persone dei nuclei familiari, dei gruppi o dei clan che potevano utilizzare tale parte della valle nel corso della ricerca dei mezzi di sostentamento, di sopravvivenza e di fecondità. Le ipotesi sono molte e non particolarmente suffragate da elementi certi, soprattutto in presenza di situazioni di limitata consistenza numerica e statistica, come quelle offerte dal settore alpino occidentale. Per il momento ci si può limitare a sottolineare ancora una volta l'imponenza stessa del sito, la presenza di una superficie rocciosa piana quasi sospesa in mezzo al ripido versante, lo scenario naturale circostante ampio e panoramico, la marcata indicazione sessuale. Si può suggerire un possibile collegamento con il tema della "festa", in cui potevano confluire molteplici elementi rituali, ludici, religiosi, un'occasione sociale in cui la popolazione, eventualmente collegandosi ai gruppi limitrofi, poteva esprimere i momenti chiave del ciclo naturale e produttivo, nei quali la natura del "luogo" poteva svolgere un ruolo fisico e simbolico non certo secondario. Le immagini sulla roccia potevano rappresentare un coronamento di tali occasioni, oppure marcare il luogo come dedicato a tali avvenimenti, quasi nel tentativo di sottolineare la proprietà o l'utilizzo umano di un sito in cui al contrario la possenza della natura era chiaramente percepibile.

Andrea Arcà - Angelo Fossati - Elena Marchi
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NOTE


  1. Micascisto e gneiss (Rossi 1980)
  2. Nel secolo scorso gli abitanti erano circa 13.000, contro i 6.000 attuali. Nel 1870 si arrivò ad estrarre, da ben 75 km di gallerie, circa 8.000 tonnellate annue di minerale, da cui venivano ricavate 2.900 tonnellate di ferro (Cametti 1995a).
  3. BALDI 1992; SANTACROCE 1995b.
  4. SEGLIE 1987; CAVALLERA 1990; DAVITE 1994; CAMETTI 1995b
  5. bovis - petitti 1971, pp. 17-28; CAMETTI 1995a pp. 79-81; GRUPPO RICERCHE CULTURA MONTANA, 1996, pp. 41-104.
  6. AA. VV. 1987 p. 53 e 56; AA.VV. 1995a pp. 44-45; arcà 1995b; fossati 1995; GAMBARI 1998 p. 192
  7. Anche qui ricorre un toponimo, Peiro 'd la Croou, che si riferisce alle incisioni cruciformi presenti sul masso; RICCHIARDI - SEGLIE 1987, p. 61-64; ARCà in AA.VV. 1995a pp. 45-48; GAMBARI 1998 p. 192
  8. ROSSI 1989; ARCà in aa.vv. 1995a p. 81; GAMBARI 1998 p.192. La figura di orante appare incerta.
  9. COOPERATIVA ARCHEOLOGICA LE ORME DELL'UOMO 1996 pp. 1-7
  10. SEGLIE - RICCHIARDI.- CINQUETTI 1988; GAMBARI 1992
  11. DAVITE1994; COOPERATIVA ARCHEOLOGICA LE ORME DELL'UOMO 1997; CINQUETTI 1998
  12. ANATI 1976, pp. 13-23
  13. ROSSI 1994.
  14. ROSSI 1992-93.
  15. I numerosi rimandi bibliografici, definiti parte integrante del contributo, sono tutti dell’autore.
  16. PETITTI 1992-93
  17. Più precisamente "ad un momento finale della Preistoria" (PETITTI 1992-93)
  18. Il volume presenta una serie di itinerari riguardanti i principali siti di arte rupestre dell'intero arco alpino, accompagnati dalle relative introduzioni a carattere di inquadramento storico-archeologico.
  19. Associazione culturale con sede a Torino.
  20. I primi tre caratteri della sigla riguardano la valle, i secondi il toponimo particolare; il numero, progressivo nel caso di un complesso di rocce incise, riguarda la roccia.
  21. Società archeologica di ricerca, formatasi in Valcamonica nel settore specifico delle incisioni rupestri
  22. SANTACROCE 1995a.
  23. GRUPPO RICERCHE CULTURA MONTANA 1996.
  24. FOSSATI - JAFFE - SIMOES DE ABREU M. 1990, pp. 14-18.
  25. FOSSATI - ARCà 1997.
  26. Arcà 1999
  27. GRUPPO RICERCHE CULTURA MONTANA, 1996, pp. 105-132.
  28. Percorso escursionistico culturale o naturalistico con inserimento di punti progressivi numerati di interesse illustrati da apposita pannellatura
  29. Escludendo ovviamente i parchi di Naquane, Foppe di Nadro e Grosio
  30. BOVIS - PETITTI 1971, p. 23; GRUPPO RICERCHE CULTURA MONTANA 1996 pp. 56-62.
  31. BOVIS - PETITTI 1971, p. 21-22; GRUPPO RICERCHE CULTURA MONTANA 1996 pp. 75-80.
  32. BOVIS - PETITTI 1971, p. 20; GRUPPO RICERCHE CULTURA MONTANA 1996 pp. 97-104.
  33. SUS-CHM3, sulle medie pendici del Rocciamelone, in Valsusa, è un piccolo masso di calcare filladico, rilevato da Le Orme dell'Uomo su incarico della Soprintendenza Archeologica del Piemonte nel corso della campagna 1996. In uno spazio limitato raccoglie figure antropomorfe schematiche, asce e guerrieri della fine dell'età del Ferro, date e sigle recenti. La zona limitrofa, ancora in corso di studio, presenta un'interessante fase meandro-spiralica (TONINI 1993), in sintonia con le analoghe incisioni della vicina Alta Moriana (NELH 1980; BALLET-RAFFAELLI 1990), una cospicua serie di asce a lama semilunata (arcà 1995c; GAMBARI 1998) confrontabili con le analoghe figure dell'età del Ferro in Valcamonica (VAN BERGH OSTERRIETH 1974) e tre pannelli rocciosi recanti pitture rupestri (FOSSATI-ARCà 1992; GAMBARI 1998)
  34. Dall'esame delle sezioni le pareti dei piccoli ingrossamenti a coppellina appaiono ripide, quasi fossero state eseguite con un punteruolo.
  35. DAVITE 1994.
  36. COOPERATIVA ARCHEOLOGICA LE ORME DELL'UOMO 1997.
  37. Testimonianza diretta.
  38. La consistenza totale è valutata intorno ai 100 esemplari
  39. Valcamonica (fino a Sellero) e M. Bego.
  40. Valgrana, Valsusa, Crête des Barmes (Sion), Carschenna, Torri del Benaco.
  41. Pera dij Cros e Rupe Magna in Valtellina.
  42. Sono stati necessari oltre 750 fogli di rilievo. Tutti gli oltre 70 settori sono stati integralmente pubblicati nel volume "Rupe Magna - la roccia incisa più grande delle Alpi", arcà - fossati - marchi - tognoni 1995.
  43. Una figura molto simile si trova sulla roccia incisa della Valgrana.
  44. FOSSATI 1995.
  45. DE MARINIS 1994a, FOSSATI 1994.
  46. E' opportuno specificare come la cronologia degli antropomorfi schematici camuni , altrimenti detti oranti, sia stata di recente sottoposta a revisione, spostandone l'attribuzione dal Neolitico (secondo quanto ritenuto da Anati, ANATI 1976) a fasi più recenti a cominciare dal Bronzo medio - recente (Ferrario 1992 e 1994; Fossati 1992; De Marinis 1994b; Arcà 1997). Tale datazione appare decisamente più plausibile per una serie di motivi, non ultimo dei quali l'assenza di qualsiasi sottoposizione di oranti a figure del III stile (età del Rame) e la presenza al contrario di vari casi di sovrapposizione di oranti a figure del III stile (dall'età del Rame all'età del Bronzo) se non addirittura del IV stile (età del Ferro).
  47. arcà - fossati - marchi - tognoni 1995
  48. FOSSATI 1991.
  49. Che sembra comunque non più proposto dallo stesso autore nel suo ultimo contributo (PETITTI 1992-93)
  50. Vedi la Roccia degli Asterischi (SUS 134) e la SUS 266 in Valle di Susa: in entrambi i casi sono state raccolte testimonianze orali che citano l'usanza di ripassare periodicamente le incisioni, GRUPPO RICERCHE CULTURA MONTANA 1990, p. 81-82 e p. 95.

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  • SEGLIE D.- RICCHIARDI P.- CINQUETTI M., 1988, Pitture rupestri preistoriche nel Parco Regionale Rocca di Cavour, "Survey", Bollettino del Centro Studi e Museo d'Arte Preistorica di Pinerolo 3-4, pp. 40-42.
  • SEGLIE D., 1987, Incisioni rupestri nella valle Po, in Arte Rupestre nelle Alpi Occidentali, dalla Valle Po alla Valchiusella, Cahier Museomontagna 55, Museo Nazionale della Montagna Duca degli Abruzzi, pp. 43-46.
  • TONINI V., 1993, Graffiti. Segnalazione di ritrovamenti. Pendice est del Rocciamelone (Val di Susa), in Segusium, 33, 1992, Susa.
  • VAN BERGH OSTERRIETH M., 1974, Haches de la fin du deuxième age du Fer a Naquane (Valcamonica): répresentations filiformes de roches n. 62 et 44, "BCSP" 11, pp. 85-117.
Scheda - Record

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